incompatibilità del giudice tributario

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marco panaro
00giovedì 31 agosto 2006 10:37
T.A.R. Lombardia – Sent. n. 1929/06 del 21/08/2006

Il Collegio conosce l’orientamento giurisprudenziale che pone in evidenza, ai fini della incompatibilità, l’esigenza di una diretta e personale riferibilità dell’attività di consulenza e assistenza tributaria al professionista investito dell’incarico di giudice tributario, ma ritiene di aderire alla prevalente posizione giurisprudenziale che ritiene che anche l’attività svolta dallo studio associato cui il professionista - giudice partecipi possa comportare la decadenza dall’incarico (TAR Marche, 2.10.2001, n. 1123; TAR Abruzzo, L’Aquila, 3 maggio 2001, n. 338; TAR Toscana, sez. I, n. 1965 del 2001; TAR Lombardia, sez. III, 15 ottobre 2002, n. 3959; TAR Lombardia, sez. I, 16 novembre 2005, n. 3995).

Militano a favore di tale soluzione interpretativa soprattutto considerazioni che attengono alla ratio della normativa in esame, attraverso la quale si inverano i principi costituzionali di terzietà e imparzialità del giudice (TAR Lazio, sez. II, 20 ottobre 2004, n. 11401). Deve essere posto in primaria luce il disposto costituzionale di cui all’art. 111 Cost. – così come modificato dalla legge cost. 23 novembre 1999, n. 2 - il quale, dopo aver previsto al comma primo che “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”, dispone al secondo comma che “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale”. Dunque l’art. 111 Cost., applicabile ad ogni giurisdizione, e dunque anche a quella tributaria, delle quali dispone l’assoggettamento al principio del giusto processo, attribuisce valore costituzionale centrale alla terzietà e imparzialità del giudice. Si tratta per altro di principi che già trovavano espressa enunciazione nell’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950, che parla di “tribunale indipendente e imparziale” e che trovano infine consacrazione nel Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, non ancora entrato in vigore, ma che pacificamente riassume principi costituzionali comuni degli Stati membri, che all’art. II - 107 prevede al comma 2 che “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente e entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale”.

Tali norme fondamentali spingono ad un’ampia interpretazione della normativa legislativa volta a garantire la terzietà e imparzialità del giudice e dunque anche di quello tributario, affinché sia garantita, al di là di ogni ragionevole dubbio, non solo una posizione di sottoposizione alla legge e, quindi, di necessaria autonomia, indipendenza e terzietà, ma anche l’immagine di imparzialità dello stesso e perché sia comunque esclusa anche la mera apparenza di un suo condizionamento.

Ecco allora che l’art. 8, comma 1, lett. i) D.Lgs. 545/92 deve essere interpretato nel senso della sussistenza della incompatibilità anche nel caso di partecipazione, da parte del professionista che svolge la funzione giurisdizionale tributaria, a studio associato in cui altro professionista svolga la consulenza fiscale. Ciò “in funzione dell’interesse pubblico tutelato dalla disposizione sull’incompatibilità, polarizzato non soltanto sulla sostanza sebbene anche sulla doverosa apparenza d’imparzialità richiesta a qualsiasi giudice e a quello tributario in specie”, dal momento che “la contitolarità dello studio che svolge la consulenza fiscale lascia comunque apprezzare e supporre, in capo alla clientela dello studio, una qualche forma di cointeressenza e di riferibilità dell’attività consulenziale al professionista investito dell’incarico di giudice tributario, quando non costituisca, in certa misura, incentivo a rivolgersi proprio a quello studio professionale associato nella prospettiva (non importa se infondata e meramente congetturale) di potenziali benefici connessi alla presenza nello studio di quel professionista (in disparte restando, ovviamente, ipotesi diverse di diretta ingerenza nel corso della gestione amministrativa o giurisdizionale di vicende tributarie della clientela da parte del giudice tributario non togato o anche soltanto di una più approfondita conoscenza degli interna corporis e degli orientamenti degli uffici finanziari e degli organi della giurisdizione tributaria sulle singole questioni)” (in tal senso TAR Puglia, Bari, sez. I, 18 novembre 2002, n. 4973).

D’altra parte la suddetta ratio legis si esplica poi in un dettato normativo che collega la incompatibilità allo svolgimento “in qualsiasi forma” delle attività di consulenza, assistenza e rappresentanza e, nella versione normativa successiva alla legge n. 342/2000, anche in forma “accessoria ad altra prestazione”; espressioni normative che ben si prestano ad essere lette nel senso di estendere l’attività incompatibile ben al di là dello svolgimento diretto della consulenza tributaria nel significato fatto proprio dalla motivazione che precede.
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