Whispers in the Wind...

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Raileen Whisperwind
00sabato 22 gennaio 2005 20:16
"Pirla, pirla, pirla... E pure inutile, ecco cosa sono.
...
Non c'è nulla di meglio che io possa pensare, veramente nulla. E'inutile che mi dicano che devo lasciar perdere, è inutile che mi dicano questo e quello. E io sono veramente pirla a crederci, a cascarci ogni giorno come fosse il primo che mi raccontano queste palle atroci. Eppure dovrei fidarmi delle persone che mi hanno fatto toccare il cielo con la loro presenza e la cui assenza mi ha fatto penare.
No, anche questa è una stupidaggine bella e buona, devo iniziare a distinguere verità da falsità: e la bellezza, la gioia, la vita devono stare nella verità, non nella menzogna.
...
Le menzogne degli altri non fanno per me, le mie menzogne mi ammazzano parimenti, dove potrò trovare conforto?"

I suoi passi erano stati guida affidabile, ma l'orizzonte appariva comunque tetro. Un piccolo foglio di pergamena, inchiosto ed una penna: il suo unico bagaglio, più prezioso di qualsiasi tesoro. La speranza di trovare qualcosa per cui valesse la pena di vivere era il suo unico nutrimento; le sue uniche armi le arti alle quali aveva dedicato tutta la propria vita.

Occhi di fuoco e tenebra, specchio della notte che nessuno avrebbe voluto vedere, sigillo di una mente cupa; occhi di fiamma e spirito, specchio di chiunque li scrutasse nel profondo, a guardia di un'animo nobile ma tormentato.
Lineamenti scolpiti nella pietra da precise ferite di spada, statua perfetta dell'artista che non l'aveva mai saputa realizzare, modello ideale di notti insonni di fronte all'argilla, simulacro impossibile di sentimenti comuni come la terra calpestata da mille passi e l'aria respirata da ogni cosa.

Oltre il vuoto, oltre lo strapiombo di roccia solo colline, in uno sterminato campo dove un colossale contadino aveva seminato per burla o per stupidità gobbe e balze tra le quali farsi strada, a fatica, scalando e discendendo l'infinità delle distanze. Strada per giungere in un luogo che era reale e definito ma era presente dovunque e in nessun posto, paradosso di una realtà (non un'utopia, non quell'inutile aborto di nonsenso null'altro che deviante e perverso) lungi dall'essere pienamente ritrovata.

"Se solo potessi, cancellerei la mia esistenza, le mie azioni, tutto ciò che di negativo ho fatto, tutto ciò che di stupido ho fatto...
Ma se non faccio cose stupide ora, quando lo potrò fare?
...
Eppure lo sapevi, certo che lo sapevo, volevi far finta di non saperlo eppure lo sapevi, ed allora perché l'ho fatto?"

Silenzio. E tenebra. 'Quasi dovrei scriverci una canzone'
Un tappo svitato, una bottiglia svuotata, un nuovo attentato alla vita. 'Eppure dovrei smettere anche con questo'
Una sensazione inconfondibile, una rima perfetta rinchiusa nell'armonia fisica di un corpo, un processo analogico troppo lucido per poter essere definito insensato.

"Dannazione!!"

Perché? 'Perchè?'
Perché? 'Perché?'
Echi nella mente, parole rigettate dal vento, ricondotte al mittente, sputate dalla notte. 'Solo il silenzio conosce...'
Solo il silenzio.

Il mattino non giunse. 'Il mattino non giungerà mai per me'


in un'ora imprecisata della notte duplice velata incatenata si svegliò per trovare il proprio smarrimento senza poter capire senza poter parlare senza poter gridare senza la rabbia senza la disperazione senza null'altro che qualcosa di indicibile e troppo grande per essere ricordato solamente dalle imperfette parole troppo distanti da una realtà simile che altri hanno saputo descrivere con migliore abilità a loro tempo senza tutte le mortali imprecisioni che inevitabilmente mi trascinerei al tentare impresa che mi è impedita dalla mia atroce piccolezza sempre più grave sempre più atroce sempre più schiacciante

Il mattino non giunse. 'Giungerà mai un mattino per me?'


Il mio bicchiere è vuoto
Delle lacrime che non ho versato
Per tutta la notte io ti ho lasciato
E adesso il nulla mi chiude nel buio.

Sotto la luna piena
Tutte le strade portano a mete
Lontane da me e dalla mia sete
Ogni mio passo si perde nel buio...
Kyle87
00domenica 23 gennaio 2005 12:17
ooc:
davvero magnifico, come ognuno dei vostri racconti, come ogni vostro scritto...
ma quel che non capisco è: è una storia che continuerà oppure una autoclusiva?
non ragiono tanto oggi [SM=x92712]
Raileen Whisperwind
00lunedì 24 gennaio 2005 18:36
Impossibile crederci, eppure impossibile negare l'evidenza.
L'alba non era giunta.

'Sogni infranti in un delirio folle'

Vide le stelle cadere, la luna spezzarsi sotto il giogo di un astro più splendente, che spazzò il cielo in un'esplosione di potenza.

'Pioggia e neve tormentano il mio cuore
Sogno antico eppure sempre nuovo'

Il sole nero splendeva maestoso nel cielo, emanando una potenza ed una forza incommensurabili. I suoi raggi tetri brillavano di oscurità, ricchi di energia, incatenando gli occhi fissi su di loro, magnetizzando sguardi e volti e vite, in una immobilità folle e distruttiva, che bruciava le forze con un calore cupo e mai provato. Nulla, nessuno, niente valeva a spezzare quella morsa, inesorabile catena del fato piombata sulla terra per un'unica persona, attratta dal suo gotico rintocco di morte. Vecchi ricordi di passati non vissuti a tormentare l'anima, immagini mai provate incrociarono la sua strada, campo di battaglia stabilitosi arbirtariamente nel cuore pulsante di nera energia, in asse con il sole nero che ne sincronizzava il ritmo mortale in un'aritmica danza terzinata; gli ottavi a susseguirsi in una palpitazione insopportabile ed insopprimibile, come un desiderio che mai sarà lenito dalle sole forze dell'uomo.

"Quando il tempo sarà giunto, tornerai?"

La vista indebolita dal tetro occhio morto e nero incastonato nel cielo marcescente ed infettato dalla pietra malata ed ipnotizzante che offuscava la vista indebolita dal cupo teschio morto e nero incastonato nel cielo marcescente ed infetto a causa della pietra malata ed ipnotizzante che rubava la vista già indebolita dal tetro occhio morto e nero incastonato nel cielo marcescente ed infettato dalla pietra malata e già morta che infine spense la vista ormai indebolita dal tetro occhio morto e nero incastrato a forza nel cielo morente e piagato dallo splendente e maestoso sole nero, si mosse lentamente a prendere la penna d'oca finemente appuntita, ed incise nel sangue ciò che poteva pensare, lo incise nella carne per evitare di sprecare quell'unico foglio di pergamena che portava con sè.

"La poesia è morta in me"

Nessuna poesia, nessuna dissonanza studiata nell'improvvisazione della melodia che iniziò ad incrinarsi con la sua morte, inaspettata, incompresa. Il guardiano della vita si rifiutò di obbedire, ed il portatore della morte non riuscì a permettersi di abbandonare quel corpo, perfetto nonostante le crude incisioni nella carne, storia e leggenda di ciò che era e che era stato, cronaca fedele di un brandello infinitesimale di storia, importante pur nella sua infinita piccolezza, pergamena vivente e mai morta, pergamena da lasciare vivere per non ammazzare una parte pur insignificantemente ridotta di sè stessi.

"La strada sembra finita, buia, terminata nell'oscurità che questa luce giunge a portarmi. La luce abbagliante che posso vedere non fa altro che accecare quelli che chiamavo occhi quando ancora sapevo a cosa potevano servire, mentre ora solo carne bruciata e scavata al loro posto, in un intreccio di glifi incisi dalla mia stessa mano, che presto verrà a consumarsi in quella stessa nera forza che brucerà tutto il mio corpo prima ancora che possa descriverne un movimento.
Oppure semplicemente un risveglio da questo circolo vizioso che mi succhia la linfa vitale scoraggiando una nuova vita, un nuovo risveglio per destarsi dal buio insieme a tutte le cose, per tornare a vivere nel mondo al pari di tutte le cose e con tutte le cose.
...
Ne varrà la pena?
...
Ne sarà valsa la pena per me?"

Solo il tempo può conoscere la risposta.

Lacrime di fuoco e sangue rigarono il suo volto, attirando avvoltoi e corvi; brandelli di carne caddero a terra, troppo insignificanti perché qualche predatore ne facesse bottino; parole velate vennero incise nei secoli, più solide e sicure che le rune intagliate nella pietra.

"Questa è una cosa che nessuno mai negherebbe"

Sorrise al pensare cupi pensieri.
Mille e più echi di orrore proruppero dal sole nero, a cercare di violare la sua carne, desiderando la sua vita per vendicare l'avvento mancato dell'oscurità, ma non ruscirono a sfiorare quel corpo cieco e sanguinante che aveva vanificato una forza che si riteneva immortale. In un soffio di vento appena udibile la tavolozza del cielo venne completamente lavata nel dolore e dal dolore (che altrimenti potrebbe essere meglio chiarito usando due espressioni differenti), e il viola cancrenoso dell'ematoma celeste venne medicato dall'agopuntura astrale applicata con la passione di una nuova nascita.


"Quando il tempo sarà giunto, torneremo là dove siamo attesi"
"Notte tenebra non più della mia anima"

Questa volta, sorrise al pensare la libertà donata alla propria vita, mentre le risonanze lontane di una voce non sua sparirono nella serena notte invernale.
Otrebmu Ittoram
00martedì 25 gennaio 2005 03:02

[Modificato da Otrebmu Ittoram 28/01/2005 18.04]

Raileen Whisperwind
00venerdì 28 gennaio 2005 17:41
Nubi passarono, eclissarono luna e stelle, sino a quando il mattino non giunse, gelido. Gelido ma caldo, di un calore che non poteva essere trovato in quella terra che volgeva all'inverno, al ghiaccio ed al torpore dei sensi e dell'anima.
Aprendo e chiudendo la mano destra, come stupendosi della mobilità dell'arto, scavato da mille e più segni incisi con passione, si volse attorno, per afferrare con lo sguardo la dimensione dell'inizio del proprio cammino. Eppure non vi fu più il conforto dei colori, i segni sbiadivano e si confondevano sfocati nelle incisioni, finchè solo il nero non rimase a sciogliere la vista in sè. Domandandosi il perchè della propria cecità, la mente dimentica degli avvenimenti risoltisi in una notte di cancrena e nero sangue (strappati invero dalla memoria non da forza a cui essere umano possa opporsi), si mise in cammino senza indugiare oltre, lasciandosi alle spalle tutto ciò che non era essenziale, ed oltre. Ben poco si salvò, ma si era già salvato e si sarebbe salvato ancora: solo un foglio di pergamena, una penna ed abbastanza inchiostro per scrivere non più di due pagine di caratteri.
Il bastone, ormai prolungamento del suo braccio, si muoveva agile sul terreno, scavalcando ostacoli e divorando distanze, in una danza dettata dal canto dell'artista che non avrebbe più potuto leggere uno spartito.

"Sto delirando, i miei costrutti mentali sono pesanti e mi ancorano al terreno, impedendomi di librarmi verso il cielo.
Ma, in fondo, è così che ho impostato questa parte del mio viaggio, attraverso la narrazione dela mia mano ancora corrotta dalla pece bituminosa scaturita dalla mente, mentre il cuore giace soffocato sotto strati e strati e strati di calce viva impastata con catrame.
Ma il mio cuore è allegro, deve cessare la mia voce di intonare una cupa melodia impostata su un'oscurità che non è quella confortevole della notte, bensì quella deleteria dell'oblio.
Non devo dimenticare.
Non devo mai dimenticare.
Non dobbiamo mai dimenticare il nostro passato, base sul quale imparare a costruire il futuro, eliminando il malvagio e ritenendo il buono"

Vola. Vola alto, divora e consuma le distanze, liberati nel cielo dei tuoi passi e naviga sull'oceano delle distanze, spegnendo il gelo che stringeva la tua mente. Lasciati alle spalle il peso del passato, senza però dimenticare ciò che fu e ciò che fosti, per poter sempre camminare innanzi a te verso quello che sei.
Non m'importa ciò che sarai domani. Mi interessa cosa sei tu oggi. E tu oggi puoi essere molto, per me, per tanti.
Corri dove ti stanno attendendo, e il tuo ritorno sarà accolto con gioia, festa e felicità, perchè il tuo ritorno significa che c'è qualcosa di grande in te e là dove i tuoi passi ti stanno conducendo.
Anche se non è ancora giunto il tempo, per me, tu devi tornare. Anche se non è quella la terra che stai cercando, là devi andare, perchè imparerai nuovamente a camminare.
Ogni giorno una nuova nascita, ma la prosecuzione di un cammino.
Il tuo cammino.
Il nostro cammino.

"Ed allora, qual è il significato?
La risposta deve essere ancora trovata
Ma il Destino mi chiama
...
Un sorriso, e la paura sembra svanire
Pur attraversando cieli ostili raggiungerò quella Terra
Combatterò ancora per la Libertà, la Verità, per la mia vita"

Liberated
Still involved
Liberated
Still pounds the life
Raileen Whisperwind
00domenica 30 gennaio 2005 18:55
Le mura erano vicine.
Lo sapeva.
Glie lo avevano detto i viandanti, i cavalieri, i contadini che aveva incontrato sul cammino, lo aveva udito nei discorsi nelle taverne e nei mercati.
Le mura del Regno erano vicine, e non c'era motivo di dubitare che quello sarebbe stato il posto migliore per incominciare il lavoro. La carta era rimasta bianca troppo a lungo, le parole dovevano essere trovate, presto o tardi.
Il passo lieve, la borsa alleggerita di tutte le monete che aveva contenuto, continuava ad avanzare nella pianura, verso l'orizzonte e verso il Regno che stava cercando. TUtti quelli che chiedevano come mai avesse preso la strada per il Regno ricevevano la stessa risposta, enigmatica, che però per chi la pronunciava voleva dire molto. E quello bastava, sarebbe bastato.

"I'm through the bests but now
I'm here with you don't ask me how
No one can chose another life"

Canticchiando un ritornello antico di una vecchia canzone, proseguiva nel viaggio senza esitazioni, con l'armonia di una rima perfettamente congruente a sè stessa. E, come non sempre le poesie sono capite, neppure quella piccola parte della poesia venne compresa, ed in molti si fermarono a commentarla, a compatirla, a pensare a come correggerla perchè suonasse meglio. Solo i più saggi ed anziani sapevano che quella piccola rima, apparentemente imperfetta, era essenziale nella sua umanità, nella sua imperfezione, ed approvavano silenziosamente il suo cammino.

"No one can chose another life"

Sorrise, sorrise ancora, mai avrebbe smesso di ripetere quella strofa, insignificante eppure importante per comprendere molti avvenimenti che aveva dovuto registrare. E la chiave di lettura dell'ultima frase che aveva vergato con l'inchiostro andava cercata anche tra quelle insignificanti sillabe che ancora una volta si mutavano in melodia per mezzo della sua voce.

Dalle mura la sua figura era indistinta nella folla di gente che costantemente entrava ed usciva nel e dal Regno, ma qualche sentinella era certamente al corrente della sua presenza. Un brivido istantaneo scosse il suo corpo... mille dubbi e paure affollatisi tutti nello stesso istante alla sua mente, ma la volontà di esserci, di raggiungere ciò che cercava, da sempre...
Un sussurro di vento sfiorò il suo orecchio sinistro, vibrando delle note dolci di una melodia.

"Hear my song from the epical kingdom
Let me fly away into the black night
Let me fly again and reach my true home

It's the Land of the Free it's the land of victory is the Kingdom
Our Kingdom Of Steel!
Raise your hands, be with me, sing my songs in victory
Don't forget my soul"

Rispondendo alla melodia, la sua voce si levò in un canto rivolto al lontano orizzonte, là dove finalmente un'anima aveva potuto trovare il riposo.

"Only a way to reach there I will follow Thy bright path
Hail again my Love"

Ed infine giunse alle porte del Regno.
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 05:11.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com