Dall'archivio della rivista "Il federalismo":
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Federalismo, i Pinocchioni del “costa troppo”
Il 3 settembre il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo di Giovanni Sartori intitolato “Quanto costa rifare l’Italia. Calderoli e i miliardi della Devolution”. Da allora è stato un tripudio di studi e dichiarazioni sul costo del Federalismo. Ecco qualche titolo: “I taciti costi delle riforme”, “Federalismo. I conti inesistenti”, “Ma il Federalismo non si fa a costo zero”, “Quelle duplicazioni che costano fino a 93 miliardi”, “Le allegre cicale”, eccetera eccetera fino all’ormai leggendario “La Devolution costa come la guerra in Iraq” (L’Unità di giovedì 23 settembre).
Per capire la situazione penso che possano essere utili queste tre considerazioni.
Primo: una legge non può far aumentare il numero dei malati. Se oggi lo Stato centrale per svolgere un certo compito spende 100 euro e domani quel compito viene trasferito alle Regioni, la somma degli euro spesi complessivamente da tutte le regioni sarà, più o meno, sempre di circa 100 euro. Questa ovvia considerazione è ben descritta sul Sole 24 Ore del 16 settembre in un articolo di Barbara Fiammeri che finisce con questa dichiarazione di Giuseppe Vitaletti, il presidente della Alta Commissione di studio per la definizione dei meccanismi strutturali del Federalismo fiscale : «
Quello che è assolutamente inaccettabile è continuare a parlare del Federalismo in termini di costi sparando cifre che tra l’altro non sono che l’attuale spesa per l’esercizio di funzioni pubbliche che oggi fanno capo allo Stato e domani saranno di Regioni ma il cui totale non cambia». È un ragionamento assolutamente corretto. Pensate per esempio alla sanità. La gran parte del costo della sanità pubblica è determinato dal numero delle persone che hanno bisogno di cure. Facciamo un esempio. Supponiamo che la media delle persone che hanno fatto ricorso ai servizi della sanità pubblica negli ultimi anni sia stata costantemente di circa venti milioni di persone all’anno. Non credo sia ragionevole pensare che i venti milioni di persone che fanno ricorso alla sanità pubblica in un anno possano, di colpo, aumentare del 50% o del 100% e diventare trenta o quaranta milioni solo perché il Parlamento approva una legge che trasferisce certi compiti e responsabilità dallo Stato centrale alle Regioni. Le persone che avranno bisogno della sanità pubblica, per continuare con questo esempio, sarà sempre di circa venti milioni, poco più o poco meno. Dunque, durante i primi anni il costo sarà sostanzialmente uguale. Poi, se ci sarà Federalismo fiscale, il costo complessivo comincerà a diminuire in modo significativo per effetto della maggiore responsabilizzazione delle Regioni e del maggior controllo da parte dei cittadini che un sistema di Federalismo fiscale comporterebbe automaticamente. Ci potrà anche essere, ma per importi minori e non significativi, qualche problema per le Regioni che non hanno il personale per svolgere i nuovi compiti. Questo è il problema dei “doppioni”. Vediamo di cosa si tratta.
Secondo: i cosiddetti “doppioni”. Leggiamo una parte dell’articolo di Sabino Cassese intitolato “Le allegre cicale” (Corriere della Sera del 16 settembre). «Se si vogliono evitare doppioni, occorre agire sulla mobilità del personale, trasferendo dipendenti alle Regioni cui vengono attribuite le funzioni. Ma questa è una operazione difficile, di cui il governo si è dimostrato incapace. Basta ricordare che in Piemonte, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Friuli, negli uffici statali vi sono vuoti di organico del 60 per cento mentre, all’opposto, in Campania, Calabria e Sicilia vi sono eccedenze di organico del 70 per cento. Nonostante questa situazione il 98 per cento della mobilità è avvenuta, in questi anni, su richiesta dei dipendenti o sulla esclusiva base delle loro preferenze, senza che venissero stabiliti incentivi per avere una più razionale distribuzione del personale».
Questo dimostra in modo chiaro e lampante che è più che mai necessario togliere compiti, responsabilità e risorse finanziarie allo Stato centrale, che oggi paga senza nessun controllo le eccedenze di personale di alcune Regioni. Col federalismo fiscale ci sarebbe più responsabilità e le Regioni che vorranno avere più dipendenti del necessario se li dovranno pagare loro, alzando le tasse locali o tagliando i servizi ai loro cittadini. Gli elettori potrebbero fare i confronti con le Regioni vicine e se ne ricorderebbero al momento del voto. Oggi questi controlli da parte dei cittadini sono impossibili e questo favorisce comportamenti irrazionali. Dunque uno degli effetti di una organizzazione della Repubblica più decentrata o federale sarà sicuramente un maggior controllo da parte dei cittadini e, di conseguenza, il miglioramento della qualità degli “addetti ai lavori” della politica ed una gestione molto più razionale di tutti gli enti pubblici.
Terzo: il costo del Federalismo. Adesso, per concludere, leggiamo assieme una piccola parte dell’articolo di Giovanni Sartori citato all’inizio “Quanto costa rifare l’Italia. Calderoli e i miliardi della Devolution”. Il testo è questo : «... ho avuto un soprassalto e mi sono precipitato a guardare lo studio Isae. Nel quale si legge che il Federalismo avviato da noi nel 1997 ha comportato un aggravio per i conti dello Stato di almeno 61 miliardi di Euro».
Veramente molto interessante: leggendo questo articolo ho “imparato” che nel nostro Paese nell’anno 1997 è stato avviato il Federalismo. Che vergogna: noi della Lega non c’è n’eravamo proprio accorti e meno male che Sartori ci ha avvisati. Scherzi a parte, il Federalismo non è cominciato né nel 1997 né oggi. Eppure questo «Federalismo che non c’è» secondo il prof. Sartori ci è già costato 61 miliardi. Mi piacerebbe molto sapere come fanno a fare questi conti il prof. Sartori e la signora Luana Benini, la straordinaria autrice dell’articolo dell’Unità “La Devolution costa come la guerra in Iraq”. Forse farebbero meglio ad addebitare questi, ed altri costi, alle due piaghe del nostro Paese, lo statalismo e l’assistenzialismo. E a non confonderli con il Federalismo, che tutti noi della Lega Nord vogliamo ma che, malgrado quello che dice il prof. Sartori ancora non c’è.
Prima di finire voglio dire due cose sull’Isae, dato che il prof. Sartori ha scritto che in un suo studio si legge che il Federalismo avviato in Italia nel 1997 ha comportato un «aggravio per i conti dello Stato di almeno 61 miliardi di euro».
Primo: Isae significa Istituto di studi e analisi economica. È un centro studi che conosco abbastanza bene. Nel 1994 il ministero del bilancio “possedeva” due centri studi. Quando ero ministro li ho fusi, così abbiamo risparmiato un po’ di quattrini. L’Isae è nato così.
Secondo: su quei «maggiori costi di almeno 61 miliardi di euro» citati dal prof. Sartori il presidente dell’Isae, con il comunicato stampa che vedete qui a sinistra, ha detto che «... i 61 miliardi di euro spesso citati come una stima dei costi del Federalismo sono invece un tentativo di misurazione delle funzioni oggi gestite dallo Stato e che in futuro, sulla base delle modifiche costituzionali intercorse nella scorsa legislatura, dovrebbero passare alle amministrazioni di Regioni, Province e Comuni».
Non penso di dover aggiungere alcun commento, perché sarebbe impietoso. Però voglio sottolineare che questa “gaffe” grande come una casa non è un caso isolato. Anzi, questa è la regola del nostro Paese. Me ne ero accorto qualche anno fa, quando il “sistema” si era rifiutato di discutere i vantaggi che tutti i cittadini italiani (esclusi detentori del potere, burocrati, dipendenti del “Dio Stato” e i tanti sfruttatori) avrebbero avuto dalla “separazione consensuale” delle regioni del Nord dal Mezzogiorno in modo da poter posticipare l’adesione del Mezzogiorno alla moneta unica (euro). Noi avremmo potuto fare i necessari investimenti in ricerca, nuove tecnologie e sviluppo e il Sud avrebbe avuto tutti i vantaggi di una svalutazione competitiva. Invece non si è voluto nemmeno discutere i pro e i contro di questa proposta, si sono creati fantasmi e paure molto più grossi e molto più irreali di quelli inventati sui costi del Federalismo dal prof. Sartori (e per la verità anche da Confindustria) e adesso ci troviamo tutti ingessati, più poveri e meno competitivi in un mondo che corre.
Giancarlo Pagliarini
(
Ministro del Bilancio nel governo Berlusconi I)
[Modificato da -Giona- 20/06/2006 11.41]