Phyllium e cannibalismo

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lobivia
00mercoledì 10 luglio 2013 19:47
Negli anni passati ho avuto più che una sensazione che tra le neanidi di Phyllium il fenomeno del cannibalismo fosse pratica diffusa e legata
sia alla mancanza di spazio vitale (non so se si possa parlare di territorialità in senso stretto) che alla carenza di risorse alimentari:
con netta prevalenza del primo fattore sul secondo e con azione sinergica in presenza di entrambi. Quest'anno, in concomitanza con la ristrutturazione
del mio allevamento, ho preso la decisione di indagare un po' più a fondo sul fenomeno; il giorno 12 ottobre 2012 avevo ricevuto dall'utente ticinese
Anna_B cinquanta uova di Phyllium philippinicum acquistate appositamente per le prove; all'arrivo la prima sorpresa: qualcosa si muoveva all'interno
dell'ammasso di vermiculite ed uova...microscopiche larvette tra il diafano ed il bianco, lunghe circa due millimetri e di circa tre decimi di millimetro
di diametro; una volta recuperate le uova considerate “buone” (nove uova furono gettate in quanto invase dalle larve), dopo abbondante risciacquo le ho poste
nella mia bottiglietta, all'interno dell'incubatrice tarata a 24°C di giorno ed un paio di gradi in meno di notte. A Natale ho cominciato ad avere
le prime nascite ed a metà febbraio trentasei neanidi popolavano la piccola teca descritta nell'articolo “Una teca al volo” a conferma dell'eccellente
qualità delle uova di Anna. Sono rimaste tutte insieme fino a fine marzo, abbondantemente rifornite di cibo e nebulizzate la mattina e la sera.
Al momento del trasferimento in due teche in vetro identiche da 25x25x40 cm, come mi aspettavo, il numero delle neanidi era già sceso a ventisette esemplari,
quattordici posti in una teca e tredici nell'altra; ambedue le teche hanno ricevuto la stessa illuminazione naturale, lo stesso riscaldamento,
le stesse nebulizzazioni ma il cibo della teca di sinistra veniva sostituito prima che i rovi presentassero accenni di appassimento (ogni tre giorni circa)
mentre per quella di destra aspettavo che le foglie fossero divenute quasi completamente gialle (sostituzione una volta ogni sette-dieci giorni).
La settimana scorsa, in concomitanza con il trasferimento delle neanidi nella loro teca definitiva (40x40x60 cm), ho proceduto alla conta dei sopravvissuti:
tredici nella teca di sinistra, quella con cibo sempre fresco (una sola perdita) e sei in quella di destra (sette perdite)...

Questo è semplicemente il racconto della MIA esperienza e non ha alcuna pretesa di universalità, nonostante abbia cercato di “far le cose per bene”.

Franco

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onizuca
00giovedì 11 luglio 2013 09:34
molto interessanti come osservazioni, pensavo che fossero mangiati solo da altri fasmidi non tra loro, la territorialità e il controllo delle nascite in un insetto che vive sulla sua pianta nutrice e tende a non spostarsi sembrano tecniche efficaci. grazie di condividere queste informazioni.
Arky90
00sabato 13 luglio 2013 22:12
Interessantissima esperienza Lobivia, grazie per averla condivisa con noi.
Hai per caso notato, sul substrato della teca, i resti dei fratellini cannibalizzati? In passato ho avuto anche io grosse perdite di Phyllium, ma non notavo mai resti o piccoli cadaveri sul fondo, tant'è che ipotizzai all'epoca una qualche eventuale fuga durante il cambio di rovo.
lobivia
00domenica 14 luglio 2013 08:40
Re:
Arky90, 13/07/2013 22:12:

Interessantissima esperienza Lobivia, grazie per averla condivisa con noi.
Hai per caso notato, sul substrato della teca, i resti dei fratellini cannibalizzati? In passato ho avuto anche io grosse perdite di Phyllium, ma non notavo mai resti o piccoli cadaveri sul fondo, tant'è che ipotizzai all'epoca una qualche eventuale fuga durante il cambio di rovo.



Il corpo viene interamente mangiato, spesso partendo proprio dalle espansioni sulle zampe come ho potuto direttamente osservare con Phyllium giganteum;
la cosa che più mi lascia perplesso è la quasi "rassegnazione" del colpito: nessun tentativo di fuga.

Franco

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_BLuca_
00sabato 27 luglio 2013 13:09
Re: Re:
lobivia, 14/07/2013 08:40:



Il corpo viene interamente mangiato, spesso partendo proprio dalle espansioni sulle zampe come ho potuto direttamente osservare con Phyllium giganteum;
la cosa che più mi lascia perplesso è la quasi "rassegnazione" del colpito: nessun tentativo di fuga.



Addirittura! Anche a me è successo che alcuni Phillium venivano morsi da altri loro simili, ma solo nelle zone laterali dell' addome, dove sospetto abbiano una sensibilità al dolore ridotta o nulla.
Ocram98
00sabato 27 luglio 2013 15:18
_BLuca_, 27/07/2013 13:09:

lobivia, 14/07/2013 08:40:



Il corpo viene interamente mangiato, spesso partendo proprio dalle espansioni sulle zampe come ho potuto direttamente osservare con Phyllium giganteum;
la cosa che più mi lascia perplesso è la quasi "rassegnazione" del colpito: nessun tentativo di fuga.



Addirittura! Anche a me è successo che alcuni Phillium venivano morsi da altri loro simili, ma solo nelle zone laterali dell' addome, dove sospetto abbiano una sensibilità al dolore ridotta o nulla.


Gli insetti non possono provare alcun tipo di dolore perché le terminazioni nervose addette non sono formate.
lobivia
00lunedì 29 luglio 2013 21:16
Re:
Ocram98, 27/07/2013 15:18:


Gli insetti non possono provare alcun tipo di dolore perché le terminazioni nervose addette non sono formate.




Ti consiglio di leggere attentamente questa discussione:

forum.entomon.info/archive/index.php?thread-1053.html

Battiston riporta anche l'utilissima (se desiderassi approfondire..) bibliografia; francamente non so se riuscirai a capire la differenza sostanziale
fra il provare dolore e la paura di provare dolore (occorrono basi di filosofia ed alla tua età dubito tu le abbia);
Franco

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stecco@
00giovedì 1 agosto 2013 11:51
Come diceva Epicuro nella lettera a Meneceo: "Né il giovane indugi a filosofare né il vecchio di filosofare sia stanco. Non si è né troppo giovani né troppo vecchi per la salute dell'anima".
Anche se ti riferivi allo studio della filosofia, e non al filosofare, credo che Ocram98 abbia un anima e pertanto possa ragionare da essere umano e capire certi concetti ;-)

Per quanto riguarda il topic, credo che la paura del dolore sia, per certi versi, un passo avanti nella lotta per la sopravvivenza.
Per fare un'esempio: se un essere umano si avvicina troppo al fuoco e si brucia (provando dolore), la prossima volta che si troverà davanti al fuoco, rimarrà a una certa distanza per la paura di provare di nuovo dolore.
Tuttavia questo processo richiede un sistema di ragionamento fondato su nessi causa-effetto, nonchè l'avere una memoria a lungo termine. (l'uomo che si brucia deve prima trovare la causa del dolore, poi ricordarsi dell'associazione fuoco=dolore per non ripetere l'errore).

Anche quello degli afidi che si lasciano cadere dagli steli è una forma di paura. Resta da determinare se essa sia istintuale (cioè se il nesso alito di capra=dolore/pericolo sia presente in maniera innata del suo comportamento) o, più difficilmente, se sia appreso.
lobivia
00giovedì 1 agosto 2013 12:52
Sono francamente colpito da cotanta saggezza....Mi sfugge quanto poi apporti di costruttivo alla discussione dal titolo "Phyllium e cannibalismo"

Franco

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stecco@
00giovedì 1 agosto 2013 13:19
Sono francamente stupito da cotanto scadente sarcasmo. L'apporto dato alla discussione è pari a quello fornito dal tuo link: potremmo discutere per ore di come e se percepiscano il dolore gli insetti, se hanno paura o no del dolore, ma con tutta probabilità non arriveremmo mai a una conclusione.

Cordialmente, Federico.
lobivia
00giovedì 1 agosto 2013 19:53
Re:
stecco@, 01/08/2013 13:19:

Sono francamente stupito da cotanto scadente sarcasmo. L'apporto dato alla discussione è pari a quello fornito dal tuo link: potremmo discutere per ore di come e se percepiscano il dolore gli insetti, se hanno paura o no del dolore, ma con tutta probabilità non arriveremmo mai a una conclusione.

Cordialmente, Federico.





Caro sapientino, forse ti è sfuggita la frase conclusiva del mio primo intervento:

"Questo è semplicemente il racconto della MIA esperienza e non ha alcuna pretesa di universalità, nonostante abbia cercato di “far le cose per bene”.

Il che significa che non era e non è mia intenzione star a discutere con alcuno di problemi che esulano dalla semplice constatazione dell'accaduto;

Franco

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stecco@
00giovedì 1 agosto 2013 20:34
Dunque hai aperto una discussione che, in realtà, non è una discussione.
Avresti dovuto spiegare sin da subito le tue intenzioni, tanto che molti non hanno interpretato correttamente l'ultima frase (che non mi è sfuggita, l'ho semplicemente interpretata come una chiarificazione riguardo al metodo e al valore "scientifico". Ma, sai, io sono ignorante )
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