Dal blog di Gabriella
Questa riflessione di Papa Ratzinger sull'Imitazione di Cristo risale al 1973 ed è tratta da un sottocapitolo della parte cristologica di "Dogma e Predicazione" (1974): Gabriella, autrice del bellissimo blog www.incamminoverso.leonardo.it/blog, dedicato al nostro amatissimo Papa, l'ha inserita proprio oggi nella sua pagina e ora mi ha permesso di trascriverla anche qui (grazie ).
Testo (da pagina 120 del libro del 74)
"Il più noto libro di edificazione della cristianità, il libro più diffuso in essa dopo la Bibbia, porta il titolo di Imitazione di Cristo. Nel frattempo questo libro è stato soppiantato da altri best-sellers ed anche il cristiano, che oggi lo legge, ammetterà che esso non può dare un'immagine completa del compito cristiano, perché rispecchia con troppa ingenuità lo spirito di un'epoca scossa dalla paura del mondo. Però
lo Spirito dell'interiorità, della modestia e del silenzio, che lo pervade, può colpirci ancora molto in questo secolo dalla malattia manageriale e di tutta l'irrequietezza da essa portata.
Qualunque sia l'esito della discussione sul celebre e controverso libro del tardo medioevo,
rimane e si deve riproporre l'interrogativo sul vero significato di imitazione di Cristo.
Anzitutto, tale imitazione è ancora una possibilità esistente, reale per l'uomo d'oggi? O magari essa è addirittura la possibilità di essere e di diventare uomo? Il cristiano allora non soltanto potrebbe sostenere, con uno sforzo concorde, che si può, ed anche oggi continua ad aver senso, vivere da cristiani, ma al contrario, sarebbe in grado di offrire la decisiva possibilità di essere uomo, nella quale sola appare ciò a cui è veramente destinato questo problematico essere uomo.
Ritorniamo alla nostra questione sul significato della imitazione di Cristo. In origine questa parola aveva un senso molto semplice e per nulla teoretico. Essa suggeriva - in parole povere - che degli uomini si decidevano ad abbandonare la loro professione, il loro lavoro, la loro giornata normale, vissuta fin'allora, ed al posto di questo andavano con Gesù. Essa indica dunque una nuova professione, quella del discepolo, il cui contenuto vitale consiste nell'andare insieme al maestro, nel completo afffidare-se-stesso alla sua guida. Imitazione è così qualcosa di molto esteriore e qualcosa di molto interiore nello stesso tempo.
L'elemento esteriore consiste nel reale avanzare dietro Gesù nei suoi viaggi attraverso la Palestina; quello interiore è il nuovo orientamento dell'esistenza, che non ha più il suo punto focale nel lavoro, nel guadagnare il pane, nella volontà e nel giudizio personale; essa invece è affidata alla volontà di un altro, di modo che l'essere insieme con lui, lo stare-a-disposizione per lui è divenuto il vero e proprio contenuto esistenziale.
Una piccola scena tra Gesù e Pietro indica con molta chiarezza quale rinuncia a ciò che è proprio, quale allontanamento da se stesso questo implichi. Poco dopo la moltiplicazione dei pani, che sembra segnare una profonda cesura nella vita pubblica del Signore, Gesù aveva annunciato per la prima volta ai discepoli l'oscuro mistero della sua vita; egli non sarà un messia radioso, come essi potevano ancora sperare in occasione appunto della moltiplicazione dei pani, nella quale, dopo tutto, egli sembrava svelarsi come il nuovo Mosè, che era in grado di rinnovare il miracolo della manna. No, egli verrà nascosto dall'ombra oscura della croce, soffrirà molto e infine verrà ucciso. Allora Pietro, presolo in disparte si mise a fargli delle rimostranze, racconta il vangelo. Ma Gesù si volta e lo redarguisce: va via, allontanati da me, Satana; tu non ragioni secondo Dio, ma secondo gli uomini (Mc 8,32s). Pietro, in certo qual modo, aveva cercato di liberarsi dell'imitazione e, invece di seguire, voleva camminare davanti, determinando per proprio conto la direzione del cammino. Ma egli viene rimesso bruscamente al suo posto: va via e va dietro a me! Imitazione significa realmente andar indietro, prendere la direzione che viene assegnata, anche se questa direzione è diametralmente opposta al proprio volere. Proprio perché intesa in senso così letterale la parola può penetrare nella zona più intima e profonda dell'uomo.
Da qui si può già capire un po' che si intende quando la chiamata dei discepoli, e con essa la natura dell'apostolo, viene descritta nei vangeli in forma stereotipa, con l'unica parola di Gesù: seguimi! Questa è anzitutto l'esortazione ad abbandonare la professione precedente, ma con più esattezza, è l'invito a lasciare se stesso per essere totalmente a disposizione di colui che a sua volta volle esistere per la parola di Dio completamente e in misura così intensa che la riflessione posteriore poté riconoscere lui stesso come la Parola di Dio incarnata.
Nel corso della vita di Gesù questo contenuto dell'imitazione assume una forma ancora più completa. Il suo messaggio, nel quale egli si presentò agli uomini l'intera grandezza della pretesa divina, ma anche tutta l'ampiezza della sua misericordia, lo aveva posto in conflitto con l'Israele ufficiale; egli venne espulso dalla Sinagoga, la sua uccisione oramai era cosa decisa. In questa situazione l'andare con lui acquista un nuovo carattere, che ha trovato la sua ripercussione nella frase: se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua (Mc 8,34)".