da.ila
00mercoledì 17 agosto 2011 20:45
Quel mercoledì pomeriggio le campane suonavano il mesto richiamo alla funzione che dalla Pieve in cima alla collina scendeva a valle per sollecitare i fedeli.
Una donna salì a piccoli passi la erta che portava alla chiesa, non le importava di essere in ritardo, procedeva con lentezza e pensava alla gradinata originaria di cui era rimasto ben poco. L’erba aveva coperto quasi tutto mentre qua e là emergevano piccole lastre di marmo non ancora inghiottite dalla terra.
Perché lui avesse deciso che il suo funerale fosse celebrato lassù solo Dio lo sa. Ma c’era da aspettarselo, aveva amato profondamente quei luoghi e ne parlava con immenso affetto.

La scomodità per trovare un parcheggio era stata uno dei motivi che avevano irritato la donna. Poi, c’era il tratto in salita da percorrere a piedi, non era più giovane né atletica e quando arrivò in cima dovette fermarsi qualche minuto a prender fiato. C’erano i tigli ora diversamente da allora, nella stagione della fioritura che diffondevano una delicata fragranza, mentre oltre lo spesso muro di cinta gli antichi ulivi facevano ancora da guardiani a quel luogo sacro.
Si avvicinò all’ingresso della chiesa e volse lo sguardo al paesaggio circostante. Il suo aspetto era cambiato in tanti anni e lei si stupì di come il tempo l’avesse forgiato fino a renderlo irriconoscibile. Destatasi da quei pensieri salì sul primo gradino di pietra liscia, qualcuno si scostò per permetterle di passare avanti, ma lei cortesemente ringraziò e rimase sul sagrato… la chiesa straripava di gente.
Il funerale era iniziato da un po’, tese l’orecchio per sentire le parole del prete, i soliti elogi per chi non c’è più. Poteva essere stato anche il peggior uomo di questa terra pensò, ma ormai tutto era passato e quello era il tempo della misericordia e del perdono.

Non sarebbe andata in cimitero, riteneva più che sufficiente partecipare al funerale. La giornata calda e afosa la facevano sentire appesantita e stanca, forse prima di ripartire l’avrebbe fatta una visita fugace… forse.
La messa volgeva al termine, un canto triste accompagnava la bara verso l’uscita.
“Che assurdità – pensò - per il mio funerale voglio allegria e canti di gioia, non sia mai un mortorio del genere”.
Facendosi largo tra la gente riuscì a vederla quella bara e non riuscì a trattenere le lacrime che le inumidirono gli occhi, ma passarono inosservate asciugandosi prima di rigarle il volto.
Addio mormorò, poi attese in disparte che la gente seguisse l’auto col feretro e ripercorse l’antica gradinata facilitata dalla discesa.
“No, non passerò al cimitero, è sufficiente questo commiato, per quel che ci riguarda ci siamo detti addio tanto tempo fa. Contrariamente a quello che ripetevi te ne sei andato tu per primo ed ora provo questa stupida sensazione di solitudine… non ci dovevo venire, dovevo dar retta al mio buon senso, ma non l’ho mai fatto”.

da.ila
Nihil.
00venerdì 19 agosto 2011 11:44
Non male daila, l'ho letto senza difficoltà. Dovresti rivedere l'aggettivazione, troppo abbondante per un racconto così breve ("aveva amato profondamente quei luoghi e ne parlava con immenso affetto" suona meglio "aveva amato quei luoghi e ne parlava sempre con affetto"), e cercare delle frasi più coincise quando dalla descrizione passi all'azione ("Facendosi largo tra la gente riuscì a vederla quella bara e non riuscì a trattenere le lacrime che le inumidirono gli occhi" l'azione dovrebbe qui essere rapida e convulsa, invece la descrizione è troppo elaborata, forse si potrebbe dire "Per vedere la bara, si fece largo fra la folla, senza riuscire a trattenere le lacrime".
[SM=g8431]


da.ila
00venerdì 19 agosto 2011 21:06
Grazie nihil per i suggerimenti!
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