Hai tutto il diritto di non essere d’accordo con il modo in cui Papa Ratzinger organizza gli incontri e gli eventi con i giovani, visto che non parliamo certo di dogmi e di infallibilità, però vorrei suggerirti di non partire prevenuta, solo perché il Papa ha deciso qui di uscire per un momento dal solco del suo predecessore, nei confronti di un cambiamento che può rivelarsi interessante sotto alcuni punti di vista.
E’ vero, quest’anno la Giornata della Gioventù diocesana (per quella mondiale di Sydney, articolata in più giornate, penso che ci sarà spazio per una maggior varietà di programma) avrà al centro la preghiera e la confessione in San Pietro piuttosto che i canti e i balli sul sagrato. Come ho già scritto in un'altra discussione quando la notizia si era diffusa e non pochi si erano detti “delusi” e perplessi per questa decisione, credo semplicemente che a Papa Benedetto debba essere data la possibilità di fare i suoi “esperimenti” esattamente come Giovanni Paolo II li ha fatti a suo tempo, introducendo elementi di novità e modificando molte cose rispetto al modo in cui erano state fatte dai suoi predecessori. Non vedo perché altrettanto non debba essere concesso a Papa Benedetto. I grandi happenings mediatici a cui ci aveva abituati Wojtyla hanno indubbiamente portato grandi numeri nelle piazze, e questo è un bene e lo riconosciamo tutti, Ratzinger in primis, e nessuno vuole mandare via quei giovani. Diciamo, però, che siccome si è avuta l’impressione che molti di loro considerassero la festa e non la preghiera il centro dell’evento [l’impressione è corroborata dal fatto che, a parte alcuni slogans come “alzatevi andiamo”, “siete le sentinelle del mattino”, “non abbiate paura” (“di aprire le porte a Cristo”, sarebbe la frase completa, comunque) ecc., i papaboys spesso dimostrano di non ricordare un’omelia che sia una del grande Karol e meno che mai di aver letto una delle sue encicliche] forse Papa Benedetto sente il bisogno di fare una sorta di “prova del nove” e mettendo i giovani in chiesa davanti a un crocifisso, con i confessionali aperti, toccare con mano quanti effettivamente hanno compreso che anche nello spirito dello stesso Giovanni Paolo II la festa da lui voluta era solo un contorno e non il cuore dell’evento, sempre e comunque rappresentato da Cristo e dall’Eucaristia, e quanti non si sono lasciati sfuggire che “chi canta prega due volte” (Sant’Agostino) significa che la preghiera cantata ha un valore doppio e non che si può sostituire la preghiera con qualunque canzone. L’emorragia di fedeli e il calo delle vocazioni, poi, non sono certo cominciati con il pontificato di Ratzinger e, per come la vedo io, il pienone negli stadi e nelle piazze che si registrava con gli eventi mediatici organizzati da Wojtyla non ha risolto il problema dello svuotamento delle chiese, che è continuato, come già ai tempi di Paolo VI e Giovanni XXIII, segno che le cause sono da ricercarsi altrove e che il far eseguire “Blowin’ in the wind” o “Imagine” ai Congressi Eucaristici può essere stato un piacevole momento di intrattenimento ma non ha rappresentato la panacea. Che da parte di molti giovani ci sia stato un fraintendimento dello “spirito di Karol” a me pare evidente, altrimenti perché gli stessi che affollavano i concerti, facevano ole e battimani sul sagrato, non si accalcavano alla messa la domenica? Eppure messe rock, pop, rap e quant’altro non mancano in tutte le diocesi del mondo.
Per questo mi sento di dire: non prendiamo subito male la decisione di Ratzinger ; lui ora è il Papa, e come tale ha il compito di leggere i segni dei tempi, mettere a frutto l’esperienza del suo predecessore impedendo al tempo stesso che venga fraintesa e sbilanciata e cercare di cogliere il modo migliore per diffondere e rinsaldare la fede secondo le esigenze del momento presente. C'è un tempo per gettare le reti in mare e un tempo per ritirarle e verificare la pesca.
E poi, con tutto il rispetto e l’affetto che ho avuto per Giovanni Paolo II, la Chiesa cattolica non è la fondazione Karol Wojtyla e i suoi successori non sono semplici curatori dell’eredità lasciata dal grande papa polacco, ma sono in primis successori di Pietro, e non si devono cristallizzare nella custodia di un singolo pontificato, ma essere docili al soffio dello Spirito. E, a questo proposito, noto, con una punta di preoccupazione, che si comincia a parlare di troppi “spiriti”: lo spirito del Concilio, lo spirito di Assisi, ora c’è anche lo spirito di Karol. Ripeto, con tutto il rispetto per tutti, credo che dovremmo cominciare a ricordarci che a guidare la Chiesa c’è un solo spirito: lo Spirito Santo. Non è una critica rivolta a te che, mi pare di capire, sei profondamente cattolica e queste cose le sai benissimo, è un invito a tutti noi, a non farci sopraffare dal senso della competizione e della divisione all’interno della Chiesa; così come chi ha scoperto o riscoperto la fede cattolica quel 19 aprile di due anni fa non deve cadere nell’errore di pensare che il buono della Chiesa sia cominciato solo allora, allo stesso modo chi ha amato particolarmente Giovanni Paolo II non si fermi al 2 aprile del 2005 e conceda un “anticipo di simpatia” anche a quelli che sono chiamati a reggere dopo di lui la Chiesa cattolica, che non è né di Ratzinger né di Wojtyla, Luciani, Montini, Roncalli o Pacelli e via dicendo, ma è solo di Cristo.
Anch'io di saluto con affetto.
[Modificato da Discipula 13/03/2007 10.18]
[Modificato da Discipula 13/03/2007 10.39]
[Modificato da Discipula 13/03/2007 11.00]