San Leo
San Leo
FEDE CRISTIANITA' E GARA NEL GIORNO PIU' LUNGO DELL'ANNO
Otto secoli di storia e di fede legano San Martino in P. alla figura mistica del suo santo protettore, il Beato Leone vissuto nel XII secolo d.c e proclamato santo dal popolo e dall'abate Fra Pietro,del monastero di Casalbordino.
La morte risale agli anni immediatamente seguenti all'anno Mille ed è certo che avvenne il 2 Maggio. Deposto ai piedi dell'altare nella chiesa del convento di San Felice,le sue spoglie rimasero sepolte per circa cento anni, finché, durante la ormai celeberrima battuta di caccia di Roberto di Bassavilla furono per caso riportate alla luce. Roberto,conte di Loretello, condusse il Santo in processione, su un carro trainato da buoi, fino alla chiesa di Santa Maria Pensili.
Successivamente il corpo fu deposto nella chiesa di San Pietro Apostolo, dove oggi è conservato e celebrato.Fin quì la storia: ma tra documenti storiografici ed antropologia, tra cristianità e misticismo, tra sentimento religioso e dirompente espressività popolare, c'è quello spazio impercettibile e misterioso in cui la
fede diviene non più sentire intimistico ma percezione collettiva, espressione di un popolo che parla a Dio con i
mezzi comunicativi della tradizione e della sua cultura. Ed in tale spiraglio che si esterna lo spirito coesivo di una presenza comune,di un riferimento alto e profondo ma collettivo, semplice ma complesso nelle sua ragion
d'essere, come la Corsa del 30 Aprile. Un evento popolare che peraltro negli ultimi anni tende a subire li inquinamenti del tecnicismo e del meccanicismo del mondo sportivo. Benché sia indubbio che l'agonismo sia l'essenza peculiare della Corsa, non è paragonabile ad un avvenimento sportivo: le regole e le tecniche strategiche della Corsa non bastano ad arginarne i rischi. La differenza con la gara sportiva è nell'irrazionalità, nell'assenza di logica che incombe sulla gara. Non si corre semplicemente per arrivare primi, si corre perché la Storia lo chiede. Il 30 Aprile è il giorno della Storia, il giorno in cui bisogna essere pronti per la Sfida.
E’ la sola certezza è la fede, la devozione al proprio Santo:il fatalismo della Corsa dei Carri non si può etichettare come semplice fenomeno populistico; in realtà,il senso profondo dell'imponderabile ha una forte valenza culturale che proviene dalle reminiscenze contadine del popolo sammartinese. La terra produce e dà i suoi frutti solo con il lavoro, solo contando su se stessi e nella Corsa bisogna credere in se stessi, anche quando le condizioni sembrano sfavorevoli, anche quando gli animali sembrano avere forza e potenza inferiori
all'avversario, 'qualcosa' può accadere, qualcosa che non possiamo pianificare. E proprio per questo, ricorrere ai mezzi ed alle tecniche delle gare sportive è assolutamente deleterio. L'affanno di vincere a tutti i costi, le vittorie studiate a tavolino, avviliscono la Corsa,ne distruggono il fascino ,
la riducono ad una banale competizione tra macchine,non più tra uomini. Ma i Tratturi, non a caso, non sono circuiti automobilistici, sono percorsi di storia e di cultura
che hanno resistito al tempo. Correre per vincere è giusto e legittimo ma distruggersi pur di vincere è di per sè una sconfitta pesante. Giovani e Giovanotti sono pronti
ancora una volta ad affrontare la folla: i Carri saranno schierati in rispettoso e pensoso silenzio innanzi alla Chiesa di San Pietro Apostolo,protetti dalla imperiosa barriera
dei cavalli nervosi. Andranno piano verso il Tratturo pronti a "sfilare" ancora: divoreranno nove kilometri di strada in pochi minuti. E tutto è possibile nel rito che sarebbe
piaciuto a Hamingway ed a Pablo Neruda.