Emergenza alimentare, anche il Giappone in crisi

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martee1964
00sabato 26 aprile 2008 12:17
ROMA (25 aprile) - Si estende la crisi alimentare causata dall'aumento dei prezzi. Il Pam ha reso noto che il costo complessivo dell'alimentazione di tutto il mondo ha toccato un rialzo del 40% per cento a causa della spirale dei costi alimentari e dei prezzi del petrolio. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, parla di «crisi globale» e chiede misure immediate. Anche il Giappone risente dell'emergenza alimentare. C'è ad esempio carenza di burro vista l'impennata dei prezzi del mangime per le mucche e il taglio delle importazioni di latte provenineti dall'Australia. Problemi anche con l'approvvigionamento di grano che in un anno è aumentato del 130% e che ha costretto Tokyo a erogare un finanziamento straordinario di 55 miliardi di yen (330 milioni di euro). La questione delle importazioni colpisce particolarmente un paese come il Giappone che nel 2006 ha coperto solo per il 39% il fabbisogno interno, scendendo per la prima volta dal 1960 sotto la soglia del 40%. La crisi è avvertita dalla popolazione. Secondo un sondaggio commissionato dal governo l'80% teme «per la scarsità di cibo nel prossimo futuro».

Aiuti d'emergenza per l'Africa. Il Giappone ha annunciato lo stanziamento di 100 milioni di dollari di aiuti alimentari internazionali «nei prossimi tre mesi, come misura d'emergenza di fronte al rialzo dei prezzi dei generi alimentari». Circa la metà dei fondi sarà destinata all'Africa nel mese di maggio in risposta all'appello da parte del Programma Alimentare Mondiale (Pam) delle Nazioni Unite, cui ha già versato nel 2008 la somma di 68 milioni. Secondo il capo di Gabinetto del governo, Nobutaka Machimura «oltre agli aiuti d'emergenza si tratta di un problema che ha bisogno di un'ampia e articolata soluzione, come ad esempio lavorare per incrementare la produzione alimentare a medio e lungo termine, la produttività e rimediare a problemi commerciali e ai cambiamenti del clima».

Appello Onu. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, in visita a Vienna chiesto al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale di occuparsi del problema dell'emergenza alimentare internazionale parlando di una «crisi globale», contro la quale «bisogna adottare misure immediate». La situazione sul mercato dei generi alimentari ha messo in crisi altri 100 milioni di persone, ha rilevato.

Proprio ieri il Fondo Monetario internazionale ha avviato contatti con 10 Paesi, in gran parte africani, per aumentare l'assistenza finanziaria a copertura delle spese maggiori per l'impennata dei prodotti alimentari.

Appello degli economisti ad Al Gore. Si moltiplicano intanto, in America, gli appelli al Premio Nobel per la pace Al Gore perché prenda le distanze dalle campagne che promuovono l'uso di biocarburanti al posto del petrolio contro il riscaldamento globale del pianeta: «Per fare cento litri di etanolo servono due quintali di mais - ha proclamato Benjamin Senauer, un economista, che ha chiesto a Gore di prendere le distanze dalle strategie anti-effetto serra a base di benzina verde - abbastanza per tenere in vita una persona adulta per un anno».

Lo studio sui biocarburanti. In coppia con C. Ford Runge, un collega dell'Università del Minnesota, Senauer ha pubblicato un saggio sulla rivista Foreign Affairs in cui mette in guardia sul rischio etanolo per la lotta
alla fame nel mondo. Un recente studio dell'International Food Policy Research Institute ha confermato la tesi, attribuendo ai biocarburanti da un terzo a un quarto dell'attuale aumento dei prezzi del cibo. Basti pensare che, da soli, i consumi delle auto che sfrecciano sulle strade americane alimentate con la benzina verde bruciano tanto mais quanto basterebbe a coprire il fabbisogno interno di 82 paesi poveri.

Scorte nei supermercati. Intanto negli Usa alcuni emigranti africani hanno cominciato a fare scorte al supermercato per mandare pacchi di cibo ai parenti minacciati dalla fame. «In patria a questo punto apprezzano di più una scatola di riso, di zucchero o di pasta di pomodoro piuttosto che una rimessa in dollari», hanno detto al New York Sun americani originari dal Mali o dal Senegal: paesi dove il dollaro ha ogni giorno meno potere d'acquisto, mentre la crisi alimentare ha fatto lievitare il prezzo del cibo.

La provocazione del Wall Street Journal. E intanto, mentre colossi come Wal-mart annunciano i primi razionamenti - non più di quattro confezioni di riso per cliente, dopo l'annuncio che alla Borsa Merci di Chicago il prezzo del riso è aumentato del 70 per cento in quattro mesi - sul Wall Street Journal l'analista Bred Arends ha lanciato una provocazione, invitando gli americani a fare incetta. Riso, pasta, cereali, scatolami, meglio se acquistati all'ingrosso. «Il cibo opera in un mercato globale. Quando i prezzi salgono in Asia, è questione di giorni: succederà così anche da noi», ha scritto il columnist. Il Wsj riporta il parere di Manu Daftary, manager del fondo Quaker Strategic Growth: «Riempite la dispensa perchè i prezzi saliranno. La gente è cieca, pensa che da noi non possa succedere». L'idea di fondo è che i prezzi dei generi alimentari salgono molto più in fretta di quanto rendono i soldi tenuti in banca: «Sono trend che vediamo da un pò di tempo, ma se sperate che passino, scordatevelo: semmai peggioreranno».
gioiaedolore
00sabato 26 aprile 2008 20:44
ho pure letto che il giappone è vittima in mare(poveri pescatori)di una medusa gigante la quale non solo è velenosa ma pure mangia in quantita' esagerate tutte le piccole forme di vita marina ed invadono le reti dei bravi pescatori giapponesi con un danno enorme per l'economia del paese..perchè ''essi'' sono consumatori in forte dote di pesce.

un augurio di ripresa se lo augurano proprio.. [SM=g7328]
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